Dina Roserì
Teheran, Iran, negli anni ’80
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Batter d’occhio, 2021
Dina Roserì porta con sé qualcosa di ottocentesco, di nordico, che spazia da Turner a Rothko, anche se con un linguaggio ben diverso, dove luci e colori ci accompagnano dentro il suo personalissimo universo. Non c’è l’Iran nella pittura di Dina Roserì, ma una geografia immaginaria che sconfina nell’inconscio senza mai confluire nel Simbolismo né, tanto meno, nel Surrealismo. Al netto del soggetto, la sua è pittura che si sottrae alla definizione ponendosi invece come viaggio nell’ignoto e nel profondo, attraverso pennellate fluide e precise che generano vortici, vibrazioni, vento, montagne, laghi, fiumi, ritmo e silenzi. Nella sua opera vortici e colori creano mondi paralleli, immaginari e immaginifici, mondi che solo la pittura riesce a farci vedere.
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