Ettore Favini
Cremona, 1974
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Io che prendo il sole a Milano il 1 ottobre, 2021
L’opera nasce dalla rilettura dell’installazione di Alighiero Boetti Io che prendo il sole a Torino il 19 Gennaio 1969. Si tratta di un progetto che richiede la partecipazione attiva da parte del pubblico e, naturalmente, dell’artista che, sdraiatosi a terra, lascia che venga prima rilevata la sagoma del suo corpo. Successivamente la sagoma viene riempita di arance. Una volta completata l’operazione, i presenti sono chiamati a prendere un frutto per consegnarlo a un barman che preparerà dei drink a base del succo delle arance stesse. In questo modo, gli spettatori andranno sempre più a consumare quel corpo steso a terra, lasciando in ultimo la sola sagoma vuota, in una sorta di cannibalismo in nome del consumismo. Il gesto del sottrarre materia si fa fondamentale. Attraverso questa opera-azione, apparentemente giocosa, Favini indaga concetti come la presenza-assenza, l’esistenza, il tempo e il consumismo.
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