Marcella Vanzo - Biennolo

Guarire Cesare Pavese, 2021

Marcella Vanzo

Di Cesare Pavese ho letto quasi tutto e mi attardavo sul suo diario. Parole profonde, intelligenti, alternate ad altre alienate, sfiduciate, immerse nella sofferenza. Mi sono ribellata, dedicandomi a lui e con lui a tutti i grandi artisti che si sono suicidati. In una grande casa di campagna di fine Ottocento, vissuta da diverse generazioni, ho raccolto gesti e resti: pezze, fodere, federe e stoffe d’uso. Piegate, macchiate, usurate e perfettamente stirate, immobili da circa un secolo. Perfettamente dimenticate. Ho raccolto le frasi del diario di Pavese e le ho accostate ai miei tesori. Lui parlava di una servetta e io me la immaginavo intenta a piegare lenzuola e asciugamani, a rammendare calze con quei fili e il ditale, forse fischiettando. Questo insieme di lavori, definito in fretta, sviluppatosi negli anni e appena concluso, è nato dalla volontà di prendersi cura di questo signore, forse con la stessa cura che si dedicava al mondo domestico una volta.  I titoli delle singole opere, partendo in alto a sinistra sono: Ingoiando il cielo a pezzi, L’anima e l’animale, Arrostito dalla solitudine. Seconda fila: Precipizio, L’ultimo giorno del cielo, La torre dell’oblio, Ave Cesare gratia pleno, Senza più lacrime. Terza e ultima fila: Cuore da passeggio, Quando anche il sole si incaponisce, in alto La contessina molto adirata, in basso Con e senza i tuoi occhi, La diaspora della bellezza, L’origine di tutte le cose.  (M. V.)

Essendo la manifestazione svoltasi in pubblico, le immagini sono considerate di interesse per la collettività e sono pubblicate nel rispetto dell’onore, della reputazione e del decoro dei soggetti interessati.

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